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Il disegno dei piccoli – Parte 1

Updated: Aug 24, 2023

La fatica di disegnare come un bambino: chi ben comincia…

Picasso diceva che lui ci aveva messo tutta una vita a tornare a disegnare come un bambino. E noi? Che effetto ci fanno le sperimentazioni dei nostri piccoli? Diamo loro tutta l'attenzione necessaria, o - uh! Bellissimo tesoro, scusa ma vado a tritare le carote - le trattiamo come tappabuchi domestico in caso di maltempo?


 Guardiamoci negli occhi: quando i nostri piccoli ci fanno vedere i loro scarabocchi - perché così li chiamiamo! - bene che vada li guardiamo, sfoderiamo un sorriso di circostanza e ci sciogliamo nel più falso "che bellooo!", non pensando nemmeno lontanamente che quell'insieme di linee e scarabocchi possa avere un senso.


E invece l’attività grafica guida e accompagna i bambini in tutto il loro processo di crescita: con il disegno imparano a conoscere il mondo vero e a immaginarne uno tutto loro. Con il disegno fanno emergere le emozioni, i sentimenti e le sensazioni, e permettono a noi di comprenderli meglio, identificando, per esempio, se stiano passando un momento difficile. Per l’adulto, genitore o educatore, quindi, il disegno infantile rappresenta una straordinaria occasione per entrare – in punta di piedi – nello stupefacente universo infantile.

Mettiamo ordine.

Nella prima infanzia, il piccolo utilizza l’intelligenza percettiva per conoscere l’ambiente, utilizzando le capacità senso-motorie (il tatto, la vista, l’udito, la manipolazione e il movimento). Durante lo sviluppo, questa facoltà si arricchisce della funzione rappresentativa, grazie alla quale il bambino non conosce più solo in campo motorio o sensitivo, ma anche con la capacità immaginativa. Dunque l’attività grafica è un invenzione del bambino, che viene acquisita faticosamente e che ha dei forti legami con la capacità mnemonica e il controllo motorio. Avrete notato, per esempio, come il bambino, quando cerca di ricordare le caratteristiche di un oggetto o vuole spiegarlo a qualcuno, si aiuti con la matita, diventando così spettatore partecipe e curioso della realtà, sedando il suo bisogno innato di chiarirsi le idee, di cercare risposte, di comunicare scoperte. Ciò lo rende sensibile a tutto ciò che succede intorno a lui.

 Vygotskij, noto psicologo e padre della scuola storico culturale, fu uno dei primi a sostenere come il disegno fosse una delle principali forme espressive del bambino, affermando che ogni scoperta dell’infanzia era accompagnata da una dirompente energia creativa, che si poteva tradurre anche in un tracciato grafico. Fu lui a delineare delle fasi nello sviluppo delle capacità rappresentative. Inizialmente il bambino tende a tracciare delle semplici linee e delle raffigurazioni informi. Segue la fase dello schema vale a dire di figure scheletriche (lontane dalla riproduzione realistica) e cefalopodi (forme che sostituiscono la figura umana); tipico di questo periodo è il disegnare a memoria e non dal vero. Poi inizia a nascere, lentamente, il senso della linea aperta e chiusa e le correlazioni formali tra le parti del disegno. La terza fase esprime l’uso di una raffigurazione simile al vero. La resa diviene verosimile e, tra gli undici anni e i dodici anni, ragazzi e ragazze rivelano capacità di raffigurare plasticamente oggetti nello spazio (uso di prospettiva, di movimento, di ombre ecc.) e il disegno, progressivamente, si perfeziona.


 Mentre al disegno è riservata una parte nella pianificazione curricolare per i ragazzi più grandi, una didattica dello scarabocchio (e di quel segno-disegno giudicato come sbaglio inconcludente e scorretto) è totalmente assente nei programmi delle scuole d’infanzia e scuole primarie. Il grafismo creativo è ancora oggi considerato un’attività estranea al processo di maturazione infantile, una realtà da contenere e limitare, una primitiva forma di linguaggio da superare e dimenticare.

 La mancanza o la presenza di sollecitazioni esterne, l’uso abituale o occasionale di matite, fogli e colori influenzano, e non poco, lo sviluppo del processo grafico o delle capacità ideative ed esecutive. Come succede nel gioco, la ripetizione di segni, forme, moduli, schemi permette al bambino di impossessarsi di particolari aspetti del reale e di farne punti di partenza per successive osservazioni riflessive ed elaborazioni logiche. Ma come può succedere questo, senza nessuna sollecitazione?

Nella vita familiare come nel più ampio spazio educativo, i bambini sono continuamente - e giustamente - sollecitati a scrivere e a leggere.

 

Ma chiediamoci - e chiediamo a noi stessi - quanti sono sollecitati a disegnare?

 Dato che così poco è stato scritto sull’argomento, proponiamo un percorso per capire insieme quali siano, disegni e segni alla mano, gli stadi reali e interpretabili dei disegni dei nostri bambini.

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A presto con la prossima puntata!

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